“Borders” di Giuliana Facchini, Sinnos Editrice, 2022
Con un certo corposo ritardo in questi giorni ho concluso la lettura del nuovo libro di Giuliana Facchini “Borders” edito da Sinnos vincitore, fra l’altro, dell’edizione 2022 del Premio Rodari.
In una megalopoli del futuro dall’appellativo di fiore, Magnolia, si muovono fra vicoli e capannoni le vite di quattro ragazzi. I loro nomi suonano celeberrimi: Dickens, Verne, Lindgrenn e Alcott. Non si tratta dei giovani scrittori, ma qualcuno che li ha accolti con sé – orfani – la misteriosa Olmo, li ha così battezzati in memoria di un tempo che parrebbe essere ormai del tutto obliato da una nuova civiltà votata al progresso tecnologico assoluto.
Questo progresso non è altro che l’altra faccia di un’enorme catastrofe annunciata che ha portato gli esseri umani ad abbandonare il pianeta Terra e a cercare di sopravvivere a Magnolia. Luogo di scoperte avanzate ma di libertà in delega. Nella quale garantire la varietà della coltivazione di semi e piante diviene qualcosa di sovversivo: il libro si apre con la devastazione della serra segreta dei protagonisti.
Già Antonio Faeti, ne “I diamanti in cantina”, aveva dedicato un intero capitolo al fantasy e al distopico considerandolo un genere in grado di offrire una grande risorsa narrativa. Contro la tendenza di chi lo considera un genere di evasione, Facchini ne conferma la capacità di proporre temi di grande contemporaneità e dunque di grande importanza per i ragazzi come la memoria, l’identità, la libertà, i diritti civili, l’ecologia, ma soprattutto e sopra ogni cosa il pensiero critico. Perché come dice anche Neil Gaiman nel suo ultimo libro “Questa non è la mia faccia” (edito da Mondadori) “Non è dall’autore che dobbiamo aspettarci risposte. Dall’autore dobbiamo aspettarci interrogativi”.
Per questo “Borders” come tutti i buoni libri è un’opera che apre a un confronto, ad un dibattito e si chiude “letteralmente” con una domanda di Facchini. Quale?
Leggetelo e lo scoprirete.
© ZazieVostok