E’ uscito da pochissimo per Kite Edizioni un libro che presentato in questi giorni all’interno dell’appuntamento annuale Padovano “Autori in città”, organizzato dalla stessa casa editrice.
Si tratta di un’opera insolita rispetto a quelle editate da Kite perché questa volta protagonista è la narrativa. Kite si apre quindi ad una nuova forma di linguaggio, sicuramente alternativo rispetto a quello dell’albo, che finora ha costituito la sua linea editoriale.
Nonostante questo non rinuncia alla componente visuale, che affida alle bellissime tavole di Monica Barengo, illustratrice attenta nel restituire una realtà amplificata dal ricordo, dal sogno e sottilmente attraversato dalla malinconia.
E’ proprio dalla poetica di Barengo che nascono gli otto racconti di “Mind the Gap”.
Le autrici sono: Chiara Argelli, Giulia Belloni Peressuti, Amanda Cley, Valentina Mai, Martina Manfrin, Paola Presciuttini, Paola Tasca, Germana Urbani.
“Mind the gap”: la scritta sui binari della Tube. Quella da non oltrepassare, quella che ci vorrebbe inchiodati in un punto, vigili ma immobili.
Titolo che fatalmente rimanda ad una necessaria discesa sotterranea, ad un viaggio verso uno di quei luoghi tanto cari alla letteratura per l’infanziae per ragazzi. Quelli nascosti, occulti, segreti, quelli un pò pericolosi e quelli che dichiarano subito una “consapevole” distanza (GAP), dal reale.
Come se per riuscire a scrivere qualcosa da consegnare all’infanzia e ai ragazzi occorresse attingere da profondità ancestrali, ctonie, e come se allo stesso tempo i personaggi di queste storie provenissero da altri mondi, da altri luoghi.
“Mind the gap”: un esplicito avvertimento a non inoltrarsi e dunque in un mondo di immaginazione, un’implicita esortazione a farlo perché non c’è maggior richiamo a trasgredire che il divieto.
Perché in questi racconti si fa necessità il desiderio di portare alla luce, dall’anfratto più celato, cose che non si dovrebbero dire, forse neppure pensare. Ma che invece invocano l’urgenza di esser fissate sulla pagina.
Ho parlato di racconti, ma torno sulla loro definizione perché nel volume vengono formalmente definiti “incipit”, come se ogni storia tendesse ad altro, offrisse al lettore la possibilità di proiettarsi verso un proprio percorso immaginifico, verso una propria narrazione anche attraverso le bellissime immagini di Barengo che sono state di ispirazione per le stesse autrici.
Le quali insieme tessono un coro polifonico di voci femminili che danno la parola a personaggi selenici, assorti, estranei ma accomunati dall’essere sempre sul punto di oltrepassare una soglia. Personaggi che in una maniera o nell’altra sono chiamate a valicare un limite o si apprestano a farlo, a disvelare un segreto e quindi a superare il timore di esprimere ciò che è stato e ciò che si è ancora. Persefoni di se stesse, viandanti verso un bagliore di personale autenticità.
©ZazieVostok