E’ appena uscito per la collana Oblò della Rivista a cura dell’Associazione Culturale Hamelin, il volume n. 6 dedicato ad un grandissimo e lettissimo autore qual è David Almond.
Per chi non conoscesse la collana Oblò è costituita da una serie di monografie che hanno per protagonisti grandi illustratori e narratori per bambine e bambini. Ogni numero esplora il lavoro, lo stile, il metodo di un autore o autrice che ha cambiato la letteratura per l’infanzia.
In passato sono stati editati numeri preziosi come “Kitty Crawther”, “Sergio Ruzzier”, “Adelchi Galloni”, il da poco scomparso “Mino Milani”, “Gilles Bachelet”…
Con “Almond”, Hamelin decide di conferire alla collana quel respiro internazionale che costituisce l’apripista per nuovi numeri che si attendono altrettanto ricchi.
Il libro, che è una lunghissima intervista, si struttura in una serie di corposi capitoli che vanno dal metodo di Almond – ebbene sì dietro alla apparente sregolatezza di Almond si muove un metodo ben preciso – e che via via percorrono gli elementi fondamenti delle sue opere. La morte, la trasformazione, la memoria, il ricordo, il cattolicesimo che in Almond è strettamente intrecciato allo sciamanesimo, persino il mito.
E c’è sempre un pmotivo di fondo che pervade questa intervista, ovvero la precisa convinzione che il pensiero creativo non sia totalmente libero ma sia vincolato ad una – e qui torniamo di nuovo a questa terminologia nel caso di Almond – “mitologia personale“ che attinge in maniera profonda dal’infanzia.
Tutta l’intervista si connota quindi come un susseguirsi di riferimenti alla memoria dell’autore, ma anche ad un libro fondamentale che egli scrisse sull’infanzia per un pubblico adulto, e che si intitola “Contare le stelle”. Questo testo racchiude in sé non solo i ricordi bambini di Almond ma lo stato embrionale della sua futura produzione: “Skellig”, “Mina”, “La vera storia del mostro Billy Dean”…
Almond si dota quindi di grandi blocchi da disegno e quelle pagine diventano “la pagina della sua mente”, la quale egli riesce addirittura ad esaminare e a tradurre in schemi fittissimi ed intricati che hanno la capacità di condurre infine ad una storia. Le cui parole, scritte e riscritte finiscono per autogenerarsi.
A ben guardare sui fogli di Almond si possono osservare vere e proprie mappe, perché il disegno permette all’autore di visualizzare concretamente il luogo in cui si svolgerà la scena del suo racconto. Una sorta di storyboard mentale che evolve nella storia attraverso la sapiente penna di Almond.
Quello che egli mette in evidenza e ad Hamelin siamo sicuramente grati, è quanto ci sia di ludico e di infantile nel suo processo creativo. Nel giocare con evidenziatori, matite, pastelli a olio. Come se invece che di un romanzo, l’autore dovesse occuparsi di comporre un quadro, qualcosa che egli sia in grado di guardare con curiosità prima che di scrivere. E non solo, ma anche di ritmare e di cantare, perché le parole hanno un suono ed una loro melodia. Perché la scrittura non è un recinto, ma un ponte in grado di entrare in dialogo con tutte le arti.
Allo stesso tempo, troviamo sondati i temi che sono trattati nei suoi libri. Temi complessi, profondi, magari anche controversi, che – come spesso si è detto – sono apprezzati proprio perché i bambini e i ragazzi riservano una natura complessa e sono sempre alla ricerca di continue risposte ai loro dubbi e ai loro interrogativi. Risposte autentiche che rimandino ad altri interrogativi perché è così che si articola il pensiero. In un’eterna meditativa rincorsa.
Un’unica cosa resta da dire: volumi come questo permettono di comprendere quanto ci sia di unico e di autenticamente peculiare dietro ad ogni grande autore che noi leggiamo. Quanto l’infanzia sia terreno fertile per la creazione e quanto essa sostanzi l’opera a cui i più ispirati scrittori si rivolgono.
IL REALE, L’IMMAGINARIO, IL ROMANZATO E L’IMPOSSIBILE DANZANO MANO NELLA MANO
David Almond
©ZazieVostok